Io i chiodi li ho piantati sempre storti. Non che lo faccia a posta. Forse colpisco male il martello, oppure non so, ma di certo un chiodo dritto non credo di averlo mai piantato. Magari sembra dritto, ma se guardo bene quel pezzetto di metallo, o pende di qua o pende di là. Mai uno dritto. Se sono chiodi piccoli e a testa larga sì, vado tranquillo, ma con gli altri, quelli più lunghi, per me è impossibile. Da bambino nel garage di casa ci giocavo spesso con i chiodi e all’epoca era un problema e ci rimanevo male quando li vedevo così storti, rassegnati e accovacciati nel legno. Eppure mi piacciono ancora i chiodi come allora. Così semplici e così utili: possono tenere in piedi un quadro, un oggetto prezioso e a volte molto di più. Ora i chiodi tra le mani me li trovo solo una volta all’anno, quando con Martina per il nostro anniversario andiamo al mare. Lì c’è un tronco enorme e noi da cinque anni piantiamo un chiodo ciascuno, per segnare il tempo in un modo stupido e antico.
Oggi fa freddo, a differenza di quando vengo qui con Martina in piena estate, penso mentre accarezzo il decimo chiodo.
E’ la prima volta che vengo da solo “al tronco” come lo chiamiamo noi. Guardo i nostri chiodi, quelli di Martina, belli dritti e allineati accanto ai miei storti e diversi. I suoi sono perfetti come chi li ha piantati. Martina è una di quelle ragazze che sa sempre cosa fare in ogni momento e quel gesto è il migliore che possa esistere. Martina c’è sempre e sembra non perdersi mai. Martina è brava nel suo lavoro di avvocato. Martina è quella che gli amici cercano per uscire nei week end. Martina sorride. Martina è forte. Martina non si piega mai al dolore. Martina la vorrebbero tutti.
Io non sono come Martina. Io sono storto come i chiodi che ho piantato nella mia vita e che in questo momento sto guardando. Io non sono forte, e quando una donna mi ha detto che voleva fare l’amore con me, io non ho detto no. Martina non l’avrebbe fatto, ma io l’ho tradita. Io ho fatto l’amore con un’altra donna e ho provato un piacere immenso gettandomi in un profumo diverso che non era il suo. Non ero ubriaco, perché io non bevo. Nessuno mi ha costretto. Sono stato io. L’ho fatto perché volevo entrare in quella donna e sentire i miei errori scontrarsi con i suoi. L’ho fatto e lo rifarei altre mille volte perché è stato bello. Penso a quanto assomiglio ai miei chiodi. A quanto sono sbagliato.
Guardo la ruggine che c’è attaccata ai nostri piccoli trofei mentre il mare incazzato copre il rumore del mio respiro affannato, mentre Martina starà lasciando il suo ufficio per tornare a casa. Sarà sorridente e non si accorgerà di nulla quando penserà alla cena di stasera.
Ho le mani rigide mentre la testa corre. Sfilo un chiodo dalla tasca, nuovo e dritto. Prendo il martello nascosto sotto il tronco e con tutto l’amore che posso lo batto per lasciarlo entrare nel legno umido. I colpi decisi sono il ritmo dei “Ti amo” urlati nella mia testa. Sono per lei quei pensieri. Sono per Martina. Ti amo. Bam. Ti amo. Bam. Ti amo.
Il vento sul mare ha smesso di soffiare. Mi guardo intorno e sono ancora solo sulla spiaggia d’inverno. Guardo il mio chiodo. E’ dritto come una spada, solo come un soldato senza il suo compagno. Penso a Martina così perfetta che da troppo tempo non vede più nulla di me e di noi.
Il mio chiodo ora è solo che aspetta la sua donna, il suo amore imperfetto. Come me.
(Grazie per la foto a Mario Pellerito)
One comment
Fabio De Luca
Posted on 28 Gennaio 2018 at 15:32Sempre toccante, profondo. Ogni parola sembra un colpo di martello nel cuore delle persone che leggono. Grande Sante.